28 maggio 2012

Etica e Senso Religioso

Come promesso, abbiamo deciso di interrompere il filo delle nostre "elucubrazioni" per confrontarci più direttamente con le grandi e piccole osnobloticità che ci circondano. Ma un ultimo argomento ci rimane a cuore.

Di etiche, scuole, religioni e accademie ne esistono molte, ma oggi al concetto di etica si attribuiscono qualità che esso non possiede per sua stessa definizione.

Il senso religioso, presente nell’uomo fin da quando ha iniziato a comprendere i meccanismi dell’Universo, nasce laddove un mistero (qualcosa di inconoscibile e “impossibile”) accade nonostante le umane certezze. Un senso di stupore di fronte all’idea di spazio e infinito che viene fatto balenare fra ciò che noi crediamo possibile e ciò che invece lo è realmente. La differenza sostanziale fra un essere umano e l’idea di Dio.
 
Il divino è riconosciuto laddove uno schema inoppugnabile si manifesta e le molteplici domande che questo fa nascere nell’intelletto umano rendono comunque nettamente inferiore il livello delle risposte certe. Quando si parla di Dio nulla è certo. “Dio”, inteso come un’entità superiore che tutto comprende e provvede, non significa necessariamente che da qualche parte ci sia un tizio seduto su una nuvola con un triangolo in testa. Idea semplicistica e del tutto fuorviante.

 
Dio è al disopra del bene e del male, Dio è tutto, Dio è il tutto, Dio siamo noi. E noi, esseri coscienti e liberi di vivere seguendo i precetti del nostro libero arbitrio personale, abbiamo la possibilità di scegliere quale posizione assumere nel mondo e di quale meccanismo fare parte. Ci si potrà accontentare di molte cose oppure non trovare mai requie, perchè in realtà non esiste una regola precisa nelle manifestazioni dell’atto sincronico con cui il “divino” si rivela e il momento in cui ci rendiamo conto della necessità di un preciso cambiamento personale. Dipende dallo stato di coscienza.

  
Più è cristallino lo stato di coscienza individuale (l’essere consapevoli delle connessioni implicite ed esplicite del proprio "Io" con l’ambiente, l’Altro da Sé), maggiore è l’influenza positiva che esercitiamo su di esso ed è in questo modo che si viene a creare il presupposto energetico-sincronico per cui la normale soluzione dei problemi quotidiani risolve nodi ad altri livelli. 

Per questo si parla di etica. Chi non è etico subisce l'Apateporia come momento doloroso, punizione ingiusta e incomprensibile, chi è etico ne trae invece un insegnamento. Nel riconoscere il “Tao” riconosciamo che il mondo intorno a noi è insondabile. L’Altro da Noi si manifesta e, nel movimento del tutto personale che segue, è perfetto. Siamo noi che possiamo decidere se disturbare questo movimento o inserircisi con naturalezza. L’etica interiore di ogni uomo, lo stato di coscienza che ognuno manifesta al proprio grado e alle proprie possibilità, è ciò che istintivamente muove verso alcune scelte di vita piuttosto che altre. 

L’etica personale governa le pulsioni verso cui rivolgiamo il desiderio. Ciò che noi desideriamo, e cerchiamo, produce gli effetti del mondo intorno a noi.
 
In questo contesto il senso religioso è vissuto non tanto come una cieca venerazione verso qualcuno di superiore a cui abbandonare la nostra vita perché “come padre clemente se siamo bravi ci soddisfa”, ma con il senso di rispetto e stima che sorge di fronte al Mistero, per la grande bellezza che deriva dal nostro manifestarci essendone all’altezza: da quanto noi ci aspettiamo e sappiamo di poter ottenere da noi stessi. E in questo processo l’etica è l'unica misura a nostra disposizione per poterlo valutare.


Purtroppo far coincidere al concetto di etica il tedioso criterio del sacrificio, contrapposto al carpe diem moderno, è il più grande errore di valutazione che la investe, un’operazione che ha tutte le caratteristiche dell'osnoblosi. In realtà il sacrifico maggiore che un uomo possa fare è rendersi conto che i propri desideri non sono necessariamente gli unici obiettivi al mondo. A volte è davvero doveroso e necessario rinunciare a qualcosa di esclusivamente personale per condividere, ciò che si potrebbe ottenere solo per sè, con "l'altro da sè".
 
Quello che accade in questo processo è solo lo stato di coscienza a poterlo supportare e questa riflessione si manifesta sul piano delle azioni. Pensiamo all’esempio banale del famigerato bisogno di petrolio che tante guerre politiche, sociali e reali provoca. 


Su questo pianeta stiamo agendo sconsideratamente da più di un secolo e per ognuno di noi è oramai arrivato il momento di sedersi a un tavolino per prendere coscienza del riflesso delle proprie azioni nel mondo: capire cosa davvero riteniamo lecito desiderare. In quest’epoca di grandi incertezze è sempre più chiaro che dobbiamo iniziare ad avere desideri che provochino un minor sfruttamento delle risorse fisiologiche del pianeta e permettano invece una condivisione della ricchezza in modo più equo per tutti gli esseri umani. 
 
L’Arte è la bellezza del Mistero laddove l’uomo non ha parole per descriverlo.  


E noi dimentichiamo spesso che la nostra vita è quotidianamente a contatto con questo Mistero e che questo influisce su di noi in molti modi. 

La Sinestesi diventa l'odierno ed ideale mezzo per raggiungere quello scopo che l’Arte da sempre cerca di dimostrare.

3 commenti:

  1. Sono sostanzialmente d'accordo, salvo per il fatto che non credo che l'arte cerchi di dimostrare, ma che invece voglia mostrare. E questo dico perché dubito che sia compito o prerogativa dell'arte il dimostrare qualcosa (Dio ci scampi da chi la pensa come Poe). Certo, l'Arte è comunicazione, dunque ha per sua stessa definizione un carattere proiettivo e strategico, e, non di rado, manifesta questa intenzionalità nel tentativo di mostrare per dimostrare, ma è forse proprio lì che incespisca maggiormente, profilandosi custode di una verità spiegabile e, appunto, dimostrabile. Ma questo è solo un appunto che mi permetto di fare sull'utilizzo della parola "dimostrare", e ciò in virtù dell'importanza assunta dalle parole all'interno di questo testo. La dimostrazione è propria della logica più che della retorica, e l'arte (nel mio modo di vedere le cose) si avvicina di più alla retorica che alla logica. L'arte che abbraccia la logica è perfezione, è matematica, è la natura, e per questo non può essere prodotto dell'uomo. E ciò, appunto, perché non deve convincere, ma deve vincere: la resistenza intrinseca all'"osservatore", la sua indifferenza, e dunque l'oblio. Per questo l'Arte è ancor più manifestazione sincretica, perché si muove con la sicurezza dell'equilibrista consapevole del concetto di equilibrio, e allo stesso tempo inconsapevole, ma attento, al concetto di caduta. L'equilibrista conosce le leggi che governano il suo passo, le sposa, le controlla o ne rimane vinto. L'avete detto benissimo voi. L'arte è la bellezza del Mistero. Insomma, sostanzialmente, non voglio qui ora spulciare per trovare il pelo bianco, ma voglio (ci provo) dare maggiore tensione alla corda già tesa.

    Beppe
    (attendo mail!)

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  2. Caro Beppe, grazie per il tuo bel commento e benvenuto nel blog.
    Che dire? ci fa piacere che tu abbia avuto da commentarne, peraltro con argomentazioni intelligenti e condivisibili. Per cui invitiamo chi ci segue a togliere per favore la "di" all'ultima parola ("dimostrare"), trasformandola così in "mostrare". ;)
    Sulla parte centrale del tuo discorso forse la logica è meno inattaccabile: un'Arte che è natura non è più arte, i due concetti sono incompatibili (come affermava Platole, l'arte al più imita la natura). Ci permettiamo di ricordarti che quella che chiamiamo "matematica", per quento ci paia "esatta", è pur sempre una scienza umana, diciamo un gruppo di scienze umane fra di loro incomprensibili e incompatibili al variare dei postulati di base. E l'uomo deve mangiarne di panini prima di comprendere l'essenza della Natura e della sua matematica divina.
    Ma, a parte questo dettaglio, ti ringraziamo di cuore per aver scritto uno dei commenti più belli e intelligenti del blog!
    a presto :D

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  3. Non posso far altro che essere d'accordo, hai ragione, per questo ho cercato di sottolineare come "non può essere prodotto dell'uomo", ma ho azzardato accostando logica e Natura.
    Grazie a voi per lo spunto alla riflessione. A presto sì!

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