5 dicembre 2020

Tenet: la summa osnoblotica di un'operazione incomprensibile


Eh certo... a blog praticamente chiuso noi di Technesya sentiamo ancora il dovere di dire la nostra davanti a operazioni che ci fanno fremere di sdegno. Perché anche se non siamo riusciti a incidere sul nostro secolo "osceno e pavido" (cit.) quanto avremmo voluto (se è per questo nemmeno 1/10 di quanto avremmo voluto, ma poco importa), per noi l'arte resta sempre la modalità precipua di elevazione per lo stato di coscienza, insomma per parlare in modo polisemico ed edificante a chi quest'elevazione la persegue. E simili operazioni mettono a dura prova la tenuta delle nostre viscere.

Ma di che operazione si tratta? Buona domanda, non siamo nemmeno certi di averlo capito! Eppure è stata gestita da uno dei geni registici del nuovo millennio, Christopher Nolan, in grado di sorprendere tutti nel 2000 con un capolavoro come Memento, un film "montato al contrario", ovvero che comincia dall'ultima scena e dove ogni sequenza successiva si situa cronologicamente prima di quella precedente. Un modo nuovo (e poco seguito) di intendere il montaggio per uno splendido e allucinato affresco sull'insufficienza della notazione umana - eminentemente la scrittura - nel ricostruire un'immagine fedele del reale, quand'anche impressa nella propria carne. Il protagonista si incide ma non capisce, dimentica sistematicamente, e andando a ritroso nel tempo comprendiamo quanti errori arriva a fare fino a stravolgere completamente il senso di tutta la sua azione. Insomma un capolavoro visionario e delirante.

A onor del vero dopo quell'exploit il nostro non è stato altrettanto in grado di colpirci. Film più o meno riusciti sul cavaliere oscuro Dc Comics, ma ammettiamo di non essere grandi fan di Batman, e in un caso è stato capace di creare una sinistra fascinazione con The Prestige, uno strano e originale thriller psicologico sull'ambiente della prestidigitazione e dell'illusionismo. Da un certo punto di vista un po' contorto e autocompiaciuto, questo bell'esempio di entertainment coinvolgente forse stava cominciando a rivelare i difetti del cinema di Nolan più dei suoi pregi. Infatti per noi sono stati una grande delusione i suoi seguenti e blasonati titoli quali Inception, per quanto ancora intrigante, e l'addirittura imbarazzante Interstellar, un film che meriterebbe i toni di questa nostra recensione: amore per il cervellotico, pseudoscientismo, paranoia gratuita e alla fine risultato-cagata rivestito del più stucchevole sentimentalismo, per uno dei momenti più imbarazzanti ma celebrati della storia del cinema. Avremmo dovuto capirlo allora...

Ma veniamo a Tenet, titolo palindromo e non a caso. Perché... cos'ha fatto il nostro genio? Ha preso uno dei più ermetici segreti del passato, il cosiddetto "Quadrato del Sator", e l'ha dato in pasto a teorie a dir poco fantasiose. Ora... cosa significa o potrebbe significare questo misterioso scritto palindromo? Ha qualcosa da dire all'umanità moderna? Se è un simbolo certamente sì, perché per sua stessa natura dovrebbe essere in grado di parlare agli strati più interiori dell'umanità di tutti i tempi, riportiamo qui uno solo degli innumerevoli esempi reperibili in rete. Invece che uso ne fa il Nolan? Ogni riga è diventata parte del suo disegno criminale: la prima è il nome di un trafficante d'armi internazionale (il villain del film, un arcigno e bravissimo Kenneth Branagh), la seconda di un oscuro pittore falsario spagnolo, la terza il titolo del film con un assurdo riferimento al numero 10 (non palindromo e non spiegato), la quarta un'operazione occulta, la quinta un'azienda criminale. Ecco, la frittata semiotica è fatta. Non vorremmo ricordare qui a che tipo di categoria osnoblotica appartiene lo svilimento del simbolo, ci limitiamo a citare il celebre brano dei Death in June But What Ends when the Symbols Shatter?, cosa finisce, cosa si perde quando vengono distrutti i simboli?

Beh, non contento di un simile scempio, il nostro probabilmente fuma qualcosa di buono e ci dà dentro come non mai con:
- un attentato iniziale senza senso in cui non si capisce chi fa cosa e perché
- un protagonista (un monoespressivo John David Washington) che sembra una comparsa e capisci che è il protagonista solo dopo un po'
- misteriori sicari dal futuro che vengono a rompere le scatole nel presente senza movente o ragione alcuna, sfidando così il "paradosso del nonno"
- fantasiose leggi della fisica secondo le quali se qualcuno viene dal futuro allora si muove al contrario, e il caldo diventa freddo e l'aria diventa irrespirabile (???)
- ancor più fantasiose, roboanti e finto-erudite teorie scientifiche che spiegano questi fenomeni solo in parte e con verbosità inintelligibili, e sembrano far tutto facile
- la possibilità di "azioni temporali a tenaglia", ovvero una squadra che agisce nel presente, quindi col tempo che va normalmente avanti, perfettamente coordinata con una che viene dal futuro, quindi col tempo che va indietro e che si muove al contrario (quando sappiamo bene quanto sia facile il solo coordinarsi fra noi comuni mortali!)
- nel farlo sposta schizofrenicamente l'azione in giro per il mondo, da Mumbai a Oslo, da Positano alla Siberia, senza mai farci capire esattamente perché, né chi spara a chi, né alla fine che bisogno ci sia, con buoni e cattivi che compaiono e scompaiono senza ragione
- ipotizza infine l'esistenza di un "algoritmo" che però non è matematico, è fisico, ma senza mai dirci che cavolo è, e lo divide in 9 pezzi ma tutti in possesso dello stesso villain di cui sopra (se li ha tutti lui perché farlo in 9 pezzi? e perché proprio 9? MAH)
- e, in un mondo di burattini che vanno a comando, mette tutto il dramma e il pathos della storia in seno a un'assurda donna-giraffa (un'algida Elizabeth Debicki) apprensiva il modo monomaniacale per il figlio

Ora... chiariamo subito che questo fatto della donna-giraffa è uno dei pochi dettagli che ci è piaciuto del film, al netto delle sue apprensioni per il figlio decisamente sovradimensionate allo stucchevole. Insomma in ogni action-movie che si rispetti esiste (almeno) un personaggio femminile fra il sexy e la femme fatale, qui invece c'è questa stangona imbranata e indecisa che, nella seriosità ammorbante e inconcludente con cui si dipanano vicende sempre più improbabili, potrebbe rappresentare una sorta di jolly, di wildcard ironica, quasi un momento comico e spiazzante, e invece... invece purtroppo lo è solo in minima parte, anzi il personaggio diventa - come si è accennato sopra - il centro del pathos del film, contribuendo a quella seriosità senz'appello che alla fine è la vera pietra d'inciampo di un'opera già poco credibile, e non c'è incredibilità peggiore di quella che si prende sempre e sistematicamente sul serio.

Beh, che dire? Qualcuno ha scritto che il cinema di Nolan si caratterizzerebbe per "la vendetta, l'ossessione, l'inganno, il tormento interiore, il confine tra realtà e la percezione della stessa racchiusa nei suoi personaggi", e questi elementi possono anche essere rintracciati, ma in un lavoro che alla fine non dà spiegazioni a niente, dove nessun paradosso viene svelato o risolto, peggio, in cui le poche spiegazioni azzardate hanno dello sconcertante ("così stanno le cose" piuttosto che "così è andata"), dove il gregario - pure nero e più volte rimproverato per l'abbigliamento - scopre di essere il protagonista, dove la sua alleata indiana in realtà è una cattiva senza scrupoli, dove il suo migliore amico ha terminato la loro amicizia che invece per lui è appena inizata, perché tanto quest'ultima sarà tutta nel futuro. Ah, certo, lui ha salvato il mondo ma la bomba che non esplode non interessa a nessuno, incomprensibile e decotestualizzata chiosa probabilmente inserita nel finale per scuotere gli animi, che però restano più indifferenti che coinvolti.

Insomma, signori, capiamoci. A noi non interessa il fatto che il film abbia fallito miseramente su tutta la linea: non è action movie perché interrotto da troppe riflessioni pseudo-scientifiche e filosofiche, dove le varie azioni sembrano slegate, non vengono veramente giustificate e ciò le rende stranianti, fini a se stesse, non avvincenti perché non concorrono a un fine condiviso o anche solo comprensibile. Ma anche come film scientifico-filosofico si perde fra spiegazioni monche, arbitrarie ma roboanti ai limiti del ridicolo: perché se uno viene dal futuro deve muoversi al contrario? Perché per lui caldo e freddo sono invertiti? Perché non può respirare la nostra aria? Certo, la scena in cui uno lotta col se stesso del futuro che si muove al contrario è certamente inedita nella storia del cinema, ma davvero vale due ore e passa di sciempiaggini? A ciò aggiungiamo che i riferimenti metafisici e simbolici (il quadrato del Sator) vengono buttati nel cesso senza il minimo rimorso, e sono pure totalmente assenti sottotrame emotive, innamoramenti o altro, anzi la dimensione psicologica dei personaggi rasenta il piattume stadard di stereotipi, maschere, insomma canoni di genere, modelli mutantropici senz'anima. No, non ci interessa il fatto che questo film sia un disastro arrogante, ambizioso e goffo come pochi ne ricordiamo.

Ci interessa che sia costato 205 milioni di dollari. 205 milioni sottratti all'arte, al vero cinema di ricerca e impegno, magari con qualcosa di vero e utile da dire. E, visti anche gli incassi sotto le aspettative, ci chiediamo... perché? Cui prodest? A chi è servita questa montagna di seriose e ipercinetiche menzogne? All'ego di Nolan? Davvero non capiamo, ma cominciamo ad aver paura.