3 luglio 2015

Sulla Manipolazione del Bello


Ebbene sì, ce l'abbiamo fatta a non scrivere per un mese, l'appena trascorso giugno. Non riusciamo a crederci, anche perché non l'abbiamo fatto apposta: qualcosa nelle nostre vite si è avverato e inoltre la già scarna redazione ha perso ulteriori componenti nei vortici dell'esistenza (auspicabilmente) terrena. Nel frattempo però non siamo rimasti inattivi e abbiamo intavolato un'interessantissima discussione con un (presumiamo) giovane intellettuale o perlomeno studioso, Tommaso Laganà, persona dall'intelligenza viva e dalla grande erudizione, oltre che analista spietato di discorsi altrui. Vero che abbiamo sempre caldeggiato la critica ma in questo caso, come dire? troppa grazzia santantonio! :D
Vi proponiamo quest'interessante carteggio anche perché parzialmente già scritto :D Potete leggere lo scambio pregresso a questo post di Facebook. Ci impiegherete un po' ma ve lo consigliamo, se volete capire meglio quanto segue.

Caro Tommaso, permettici di ricostruire il discorso se no temiamo di perderci, ci scuserai. Siamo partiti dalla tua peraltro condivisibile frase: "Alla domanda di Marx sulle ragioni per cui continuiamo a trovare belli i lasciti della classicità greco-latina, la risposta più appropriata è la più semplice: perchè ci è stato insegnato così, e noi lo abbiamo diligentemente appreso, e non ci è mai venuto in mente di contestarlo, in quanto quei testi e non altri erano stati posti a fondamento della nostra educazione estetica". Condivisibile perché vera, fotografia di un dato di fatto che rende una realtà (secondo noi che non siamo nessuno) oggettiva. Da un certo punto di vista, poi, dovremmo esserti grati perché nella tua frase/citazione descrivi uno dei meccanismi se non proprio IL meccanismo base dell'osnoblosi: la complicità del popolo, della gente comune più o meno plagiata ad arte, nel sostenere una sostanziale falsità a vantaggio di certuni. Secondo la tua citazione siamo tutti condizionati dall'infanzia e di conseguenza magicamente stregati da forme che ci han detto sin da piccoli esser belle.

Ma a parte il fatto che esperienza di tutti è che le cose che ci dicono in tenera età non è detto che facciano poi gran presa sui nostri gusti da adulti, specie col bombardamento di informazioni, segni e immagini che abbiamo oggi (superiore certo a quello dei tempi di Marx, ma anche allora non ce n'era poi così poco rispetto alle epoche pre-gutemberghiane). Ma a parte questo, o forse anche grazie a questo, il fenomeno reale da te descritto non fotografa interamente la realtà. Non è tutto, c'è dell'altro ed è doveroso informarne il buon Karletto, o il suo spettro che si aggira ancora per l'Europa, per chi ci crede, o il suo eone per altri.

C'è che l'arte non è osnoblosi, non è stata creata per ingannare l'uomo e ha potenzialità spesso trascurate o (peggio) svilite alla mera possibilità di dare sorpresa o piacere. C'è che l'uomo ha un cervello il cui funzionamento è ancora per lo più misterioso. Un organo praticamente liquido (dedicheremo presto un post alle straordinarie capacità che ha l'acqua di veicolare informazioni, o addirittura sentimenti), una pappina in brodo in grado di compiere opere assolutamente più prodigiose che calcoli matematici, campagne di marketing o citazioni enciclopediche dei più diversi e meritevoli autori ;) Un organo che nondimeno ha una struttura neurologica relativamente semplice - almeno da concettualizzare - e che funziona per risvegli, reminiscenze e attivazioni. Chiameremo i percorsi fisici lungo i quali questi fenomeni hanno luogo "schemi neuronali". Essi non sono tutti uguali, come non tutto uguale è il cervello, ma vi risparmiamo un trattato di anatomia :) Ci basti sapere che alcuni provocano movimenti automatici e involontari, altri reazioni istintivo-animalesche, altri ancora possessioni egotiche, e su fino ai pensieri più elevati e le intuizioni più geniali.

Sono tantissimi i tipi di impulso in grado di stimolare gli schemi neuronali (o neurali, hai ragione nel farci notare che forse questa formula è più adatta): un rumore improvviso, un odore ancestrale... La maggior parte di questi suscitano reazioni istintive o pseudo-tali, tipiche degli schemi più "bassi", quelli ai quali oramai affidiamo anche le nostre vite e forse ai quali ti riferisci tu con la tua tesi. Altri invece innescano le parti più sconcertanti delle nostre potenzialità. Gli stimoli maggiormente in grado di farlo pensiamo siano il suono e l'immagine, che sapientemente combinati dalle tecnologie dei diversi secoli creano l'arte e il simbolo. Sul rapporto fra i due ti consigliamo il nostro post Etica ed Estetica. Ecco, secondo noi tutta questa parte sfugge a te e al buon Marx, per quanto a modo suo sia un discorso più materiale (quindi assimilabile da un materialista storico) che trascendentale, o anche solo concernente il mondo delle idee, o inconscio collettivo, o immaginario popolare che dir si voglia. La ragione per cui l'arte classica piace e piace a tutti, africani ed eschimesi, cittadini e campagnoli, ricchissimi e miserrimi, è che attiva circuiti neuronali per sua intrinseca forza simbolica, cioè di unione all'Elevato, all'Archetipo, caratteristica che tutta la buona arte ha o dovrebbe avere.

Chi lo dice? Beh... complimenti per la tua dissertazione grondante dottrina, ma ti chiediamo scusa se non seguiamo e non seguiremo il tuo metodo, secondo noi tipico, diciamo così, di un approccio giovanile, ovvero di quando la cultura provoca infervoramenti e la vita è sostanzialmente ancora una sfida in territori ignoti. Noi, come altri prima di noi, non citiamo le nostre fonti, che sono prese più che altro da esperienze dirette, e ci affidiamo a un metodo tanto antico quanto efficace: la risonanza interiore. Il nostro post sullo stato di coscienza precedentemente citato spiega cosa intendiamo [i.e. se una verità non la senti già almeno lontanamente come tale, non può essere comunicata]. Perché facciamo così? non per screditare la scienza, per carità, comunque già bravissima a screditarsi da sola, ma perché veramente crediamo a un nuovo metodo, che nuovo non è bensì antico quanto il mondo (e al limite dimenticato dall'Occidente), la cui efficacia a sua volta è stata più volte confermata dalle ultime scoperte scientifiche, neurologiche e quantistiche. Insomma, noi siamo convinti di certe verità e aspettiamo sia la scienza a confermarle, non stiamo noi a inseguirla per poi doverci contraddire periodicamente ;) Ti garantiamo che da questo punto di vista gli ultimi 30 anni sono stati veramente pregni di soddisfazioni.

Certo... i filosofi della scienza insegnano - similmente alla tua immaginetta che stiamo commentando e, verosimilmente, alla tua tesi - che il paradigma in un'analisi è tutto, e su questo troviamo abbiano assoluta ragione. E non ce la prendiamo col bello, concetto secondo noi semplicissimo (lo dice l'ultimo dei contadini: è bello ciò che piace) e che nemmeno tu definisci, né con gli universali culturali, altra definizione autoevidente: ciò che i linguisti ignoranti pensavano fosse culturale ma in realtà è innato, e nonostante tutto certuni credono trattarsi di segno culturale. È una definizione traballante, lo sappiamo, ma non meno di quanto sia ambiguo e contraddittorio il concetto di universale culturale stesso, codice che, essendo innato, non può essere culturale (cioè appreso) ma solo pseudo-tale. Dovrebbero chiamarsi semplicemente codici universali. [esempio pratico: perché tutti gli uomini si salutano alzando le sopracciglia? O almeno perché tutti interpretano l'alzata di sopracciglia come saluto? O questo era un codice comportamentale ante-babelico miracolosamente sopravvissuto oppure è veramente una cosa innata, tu che ne pensi? entrambe le prospettive aprono più problemi di quanti ne risolvano, nevvero?]

E, cambiando appunto la prospettiva, vorremmo chiederti: cos'è per te l'uomo? Non vorremmo annoiarti con citazioni dotte, ma la tua posizione intellettuale ci sembra eminentemente kantiano/darwiniana: per te l'uomo è una sorta di macchina biologica adattiva che coi secoli (scusa se, con rispetto, ci scappa da ridere) "evolve". Su questo vorremmo darti una (speriamo piccola) apateporia: non scorgiamo nell'umanità degli ultimi 5000 anni alcun segno di evoluzione, anzi è vero il contrario. Certo parli anche di "capacità adattiva" ma, appunto, se non sbagliamo fu proprio questa obiezione a suo tempo a smontare il castello di Darwin: adattivo non vuol dire (necessariamente) evolutivo, anzi spesso gli si contrappone. Ciò si connette alla tua frase "Quindi volendo parlare di universali culturali di sicuro non stiamo parlando di arcanicità, inquietudine o senso di grazia e armonia". Appunto, dipende da cosa intendi per "universale culturale". Di chi è un segnale, del codificatore o del decodificatore (fatte salve le decodifiche aberranti)? Secondo noi di entrambi: è universale tanto lo stesso "segnale" (ancor più che segno) emesso da culture incompatibilmente diverse se con lo stesso significato, quanto l'interpretazione di un segno (ancor più che segnale), specie se extra-culturale (o naturale). Questo per dire che se un segno viene interpretato da culture incompatibilmente diverse nello stesso modo (o in modi confrontabili entro un minimo range), ovvero se instaura loro i medesimi sensi, fossero anche "di arcanicità, inquietudine o senso di grazia e armonia", allora universale è.

Quella che tu chiami "sensibilità estetica" è una cosa innata, uno schema neuronale che si comporta, quindi, come un universale culturale. La sindrome di Stendhal colpisce lo studioso e l'ignorante, il nobile di Milano come il lustrascarpe di Timbuctù, laddove quest'ultimo avesse il tempo e il privilegio di poterne soffrire. POI il potere costruisce su questa potenza il perseguimento dei suoi fini, insomma contestiamo la tua relazione di causa/effetto: non è il potere che impone "un" bello ai suoi fini e con mezzi culturali (cioè... ci ha anche provato ma non è la cosa che gli è riuscita meglio, si veda il bello sovietico o quello fascista, oggi inguardabili), ma bensì che usa "il" bello perché già di per sé efficace, un po’ come l'arrapamento, che nun tiene benzieri né necessita giustificazioni o sovrastrutture culturali, per quanto queste ultime nella realtà non manchino (o, per usare le tue parole, "tra questi input ci sono anche le informazioni di natura culturale che rappresentano il dominio culturale dei moduli concettuali").

La potenza del bello è simbolica non perché lo dica questo o quello, ma perché lo dice la stessa parola simbolo, συμβολον súmbolon (segno) a sua volta derivato dal verbo symballo dalle radici sµ- (sym-, "insieme") e βολ (bolḗ, "getto"), ovvero "mettere insieme", "unire". Il simbolo unisce, sì, ma cosa? È qui che torna in ballo l'uomo. L'uomo che non si evolve, e si adatta, ok, ma anche poco. L'uomo è fatto così. Ha la capacità di adattarsi della scimmia, ma ha anche componenti della sua struttura che non hanno nulla di animale e lo portano ad essere quasi totalmente altro. E non ci riferiamo solo alle componenti culturali, per quanto precipue, specie nel linguaggio, ma alle 
potenzialità in realtà molto maggiori rispetto a ciò che i peraltro bravi Hirschfeld, Gelman, Sperber e Leslie hanno capito ormai una ventina d'anni fa e che oggi, se non proprio smentito, è stato quantomeno integrato, come la scienza è solita fare. Tra le capacità innate dell'uomo, e ancora ci scusiamo per l'apateporia, c'è l'unione "agli stati superiori dell'essere", ma per favore non chiederci di definire questo concetto. Se per te l'uomo esiste solo per magnare, ubriacarsi e chiavare questo è una convinzione che nemmeno proviamo a contraddire.

La da te giustamente citata ridescrizione rappresentazionale è un modo difficile per dire una cosa semplice: la potenzialità che hai dentro fatica a destarsi se non adeguatamente stimolata da chi ti circonda, ok. Ma è risvegliata, non (solo) imposta o addirittura formata. Se non l'hai dentro, ragazzo, a Mantova dicono "at ve' mia luntàn". E come si fa ciò? Attivando gli schemi neuronali con il bello e/o con il simbolo e/o con il suono (l'olfatto e il tatto rimanendo relegati ai margini dell'esperienza formativa in Occidente, per quanto estetica o para-razionale, mentre il gusto ormai è puro e di certo non edificante edonismo). Noi, per non sbagliare, usiamo la Sinestesi, altri usano altri mezzi. In questo senso ci risulta incomprensibile la tua frase "Eppure il modello connessionistico si basa sull’idea che ogni concetto è rappresentato da un pattern di attività eccitatoria, non un elaboratore di simboli, ma un sistema dinamico capace di modificarsi in modo massiccio in funzione e a seguito dei suoi rapporti con l’ambiente", con buona pace di Smolensk (apprezzeremmo comunque tue elaborazioni personali, eh? ;), che cos'è un'elaborazione di simboli se non un "un pattern di attività eccitatoria" (insieme all'elaborazione di un segno qualsiasi, sia esso culturale o naturale)? Davvero, cos'è un simbolo e, ripetiamo, cos'è l'uomo?


Le ricerche di Serale 1992 -Edelman 1987 - Edelman e Tononi 2000 confermano ciò che noi affermiamo almeno dai primi '80: il senso lo determina la psiche aiutata dall'opera, cioè dal bello, se no perché l'estetologia si chiamerebbe così? E il bello non ha bisogno di essere referenziale e monosemico, come vorrebbe essere il linguaggio, anzi più è linguaggio meno funziona il mezzo, ed è per questo che la poesia non dev'essere MAI interpretata letteralmente e/o forse è per questo che oggi questa forma d'arte incontra così poco i favori del pubblico. Quindi NON "perché ha un significato assegnato a livello culturale", anzi esattamente l'opposto, proprio perché quel significato NON CE L'HA o non lo dovrebbe avere in prima istanza (e qui ti rimandiamo al nostro post su verità e stato di coscienza cui non sembri aver dedicato la dovuta attenzione ;P). 



Insomma, per ricapitolare, il bello (= ciò che piace e/o l'opera d'arte) funziona perché attiva schemi neuronali in grado di connettere l'uomo a stati superiori dell'essere, similmente ai simboli reali, cioè non quelli referenziali (come la donnina stilizzata x il bagno femminile) ma quelli che utilizzano archetipi. Jung ha dimostrato che questi ultimi, funzionando anche coi dementi, rappresentano veri universali culturali, ovvero segni correttamente decodificati (con maggiore o minore delta di scarto, ok) da popoli, culture e classi sociali tanto distanti quanto non comunicanti. Il potere poi fa il suo gioco ma questo ci interessa poco, se non a ulteriore suffragio di questa che per noi è un'evidenza. Ma il punto sta proprio qui: a cosa serve quest'eccitazione, quest'attivazione? Per l'idiozia post-berlusconiana che ci circonda, serve a godere del bello (cosa che così è stata almeno dal Rinascimento in poi, specie in epoca post-sessantottina), soprattutto se immediato, di basso livello o degradante, o almeno così al potere interessa far credere alla gente. Per noi invece serve a unire - secondo il suo etimo simbolicamente - agli stati superiori dell'essere fino ai più sublimi, da noi chiamati trascendenti, che poi sono lo scopo ultimo e vero dell'uomo, ciò che nega alle fondamenta Darwin applicato all'uomo e determinismi culturali di sorta (pur senza escludere la loro parte nella generale entropia di eventi che riguarda l'umanità dolente).

Ma questo, caro Tommaso, che te lo diciamo a fa'? Si tratta della classica verità attinente lo stato di coscienza e o è ovvia o è falsa. Un salutone e... grazie per averci dato l'occasione per poter esprimere certi concetti che speriamo siano stati utili a tutti!