25 gennaio 2017

Un Altro Geniale Sfregio


Carissimi tutti buongiorno! Da quanto tempo, direte voi, ebbene sì, troppo, ma una serie di congiunzioni astrali hanno permesso all'unica parte superstite della redazione di riprendere a scrivere di critica d'arte. L'argomento proposto è il film Your Name, cartone animato d'autore per adolescenti firmato dal giapponese Makoto Shinkai. Un film quindi, ovvero un'opera multimediale, ma anche il pretesto per riprendere il discorso a suo tempo fatto per l'arte, ovvero l'artigianato, a sfondo osnoblotico, cioè finalizzata a creare consenso o entertainment. In ultima analisi a negare la vera arte e il suo prodigioso potenziale evolutivo per l'anima.

Beh, che dire del suo autore, Makoto Shinkai? Vero mito per le giovani generazioni giapponesi, dopo lavori comunque influenzati da tematiche esistenziali, simbolismo o ricerca spirituale come Viaggio Verso Agartha (2011) o Il Giardino delle Parole (2013), si rivela regista di altissimo mestiere, capace di miscelare ritmi forsennati alla Tarantino con voli pindarici tipo drone della macchina da presa (virtuale), giochi di luce, flashback, esplosioni ed effetti audio in grado di sciorinare tutto il repertorio di trucchi ad impatto emotivo per lo spettatore. Inoltre il disegno, raffinatissimo e in più punti debitore del maestro dell'animazione giapponese per eccellenza, Hayao Miyazaki, scorre realistico e luminoso in mille policromie, rendendo Your Name innanzitutto uno spettacolo per gli occhi.

La trama invero non è semplicissima: una ragazza di campagna, Mitsuha, un giorno si sveglia nel corpo di Taki, un ragazzo della metropoli Tokyo, e viceversa. Oltre allo stupore e allo smarrimento, i due inseguono la reciproca identità provando in ogni modo a conoscersi. Lui è cameriere, lei studentessa e giovane sacerdotessa del tempio shintoista locale. Quando questi fenomeni di scambio di identità si interrompono, lui cerca di arrivare a lei ma inutilmente: Mitsuha risulta morta nella terribile catastrofe naturale di 3 anni prima, in cui un meteorite colpì il suo villaggio devastandolo. Sconvolto, Taki non sa darsi pace né una spiegazione per quanto avvenuto, finché scopre in un vulcano spento l'altare arcano alla cui divinità era dedicato il tempio in cui officiava Mitsuha. Sarà così in grado di innescare un'ellisse temporale che avrà l'effetto di salvare parte degli abitanti del villaggio e, nel giro dei 5 anni successivi, e grazie a dinamiche che restano perlopiù oscure, di provocare l'incontro fra i due. Chiediamo scusa per lo spoileraggio ;)

Il film, oltreché di eccellente fattura da ogni punto di vista, si rivela subito molto ambizioso. I valori che evoca cominciano da quelli esistenziali classici, come la ricerca del proprio sé, della propria identità, sociale e sessuale (irresistibile il continuo toccarsi il seno di Taki quando incarnato nel corpo femminile della sua controparte) o del rapporto col padre e/o con le generazioni precedenti, ai quali aggiunge simbologie sacre e veri propri archetipi: l'ostilità incomprensibile del destino, il senso del Sacro, del limite invalicabile del Sanctum e del Sancta Sanctrorum, il senso di Tradizione spirituale perduta nella sua essenza per quanto sopravvissuta nella forma, l'anelito all'Assoluto, a un punto fuori dal tempo che appunto dal tempo è indipendente e prescinde. L'accettarsi, quindi, e il comprendersi in una concezione olistica e interrelata del cosmo che si fa erede tanto di visioni mistiche quanto di ricerche quantistiche. E fin qui, potremmo dire, tutto bene.

Ma è proprio per questa sua ambizione che, secondo il nostro modesto parere, il film fallisce miseramente. Non solo per l'ignavia del suo autore, ovvero per qualità d'anima che non esiteremmo a definire quantomeno modeste, ma soprattutto perché, come capita sistematicamente con autori mediocri o peggio osnobloticamente interessati, le profonde tematiche coinvolte, gli archetipi e i simboli evocati con dovizia di particolari, vengono vergognosamente asserviti ad un'insulsa storia d'amore con un tale tasso zuccherino da provocare la carie in tempo reale (vedere il link di cui sopra per il discorso sulla pornografia femminile). I trucchi retorici, l'altissimo mestiere del regista alla fine non insegnano nulla, vogliono solo sorprendere o al più tormentare lo spettatore su un amore impossibile, fatto di due protagonisti adolescenti che si inseguono senza speranza.

Il tutto senza nessun rispetto di verisimiglianza, non oseremmo dire di unità aristoteliche di tempo, spazio o azione, unità che - per carità - possono anche essere contraddette ma sempre in funzione di un insegnamento superiore. Invece qui la storia sembra dipanarsi a capocchia e senza un filo logico: Mitsuha è una ragazza viva oggi, anzi no, è il fantasma di una persona scomparsa 3 anni prima in cui però si incarna la controparte maschile oggi, eppure quando visibile lei scompare sul più bello senza spiegazioni, parimenti ai messaggi sullo smartphone apparsi e in seguito scomparsi senza giustificazioni plausibili. Il tempo procede e retrocede a piacimento, all'inseguimento di una storia sdolcinata e sconclusionata, di un tormento fine a se stesso o, peggio, finalizzato alla lacrimuccia facile, dove fra Sliding Doors malcelate e new age da supermercato si accenna, rinunciandovi, a un discorso metafisico che comunque sarebbe rimasto senza capo né coda, accontentandosi di un finale da love-story tanto strappalacrime quanto sconsolatamente dozzinale.

Il che... vista l'ampiezza di mezzi e capacità coinvolti... credeteci, è un vero peccato.