6 novembre 2015

Fine di un'Apateporia, non di un'Epitome


Carissimi tutti, è giust'appunto finito Expo, un evento che ha rappresentato uno dei punti più bassi della politica e della pubblica amministrazione nazionale: furti e malversazioni di ogni tipo, balle sparate sin da subito e nemmeno mai smentite oltre ogni vergogna, un buco finanziario di diverse centinaia di milioni di euro. Peggio: dal momento che, per piaggeria e conformismo, almeno gli ultimi DUE mesi un minimo di visitatori ci sono stati, ha seguito una retorica del successo che ha qualcosa di veramente preoccupante, se solo non fossimo in Italia, il paese che la retorica l'ha inventata e della quale ha sempre vissuto. In realtà la città si è impoverita e per cosa? Per aumentare i vari debiti delle diverse amministrazioni? Davvero, se questi milioni perduti fossero stati distribuiti a pioggia su tassisti, ristoratori e strutture ricettive oggi Milano starebbe meglio.

A suo tempo l'avevamo definito "un'apateporia epitome d'osnoblosi", ma solo perché la maggior parte dei sempliciotti e delle anime belle (noi compresi) si aspettavano qualcosa dall'esposizione universale. E secondo i più stupidi di loro (o i più osnoblotici: non dimentichiamo che quella dell'osnoblotico è l'opinione dell'idiota con sovrapprezzo di arroganza) un successo lo è veramente stato. Ma secondo tutti gli altri oggi non c'è più apateporia, ormai lo schifo è assodato, non c'è spazio per lo sconcerto. Resta la retorica, ovvero l'epitome d'osnoblosi. Non possiamo certo tirarla giù noi, ma in questo periodo abbiamo ricevuto diverse email di gente disgustata per come sono andate le cose a Milano. Pubblichiamo volentieri una di queste testimonianze, mantenendola anonima per non far incorrere l'organizzazione in problemi di sorta. Sappiate solo che si tratta di un festival di cui abbiamo già parlato e con la cui organizzazione è quindi nato un canale comunicativo privilegiato.

Ci hanno scritto: "ma in mezzo a questo schifo, a quest'incapacità di gestire le cose con un minimo di decenza, a questa totale noncuranza delle esigenze del cittadino e del tessuto sociale, la cosa che ci ha deluso di più è stata la gestione della... come chiamarla, iniziativa? coacervo di retorica? bolla illusoria? denominata Expo in Città. Noi, come decine di altre piccole organizzazioni, associazioni di volontariato e culturali, puntavamo moltissimo su Expo e sull'indotto - in termini di presenze e di risonanza - che si sarebbe verificato in città, quindi per noi era di fondamentale importanza un'iniziativa simile. E, almeno nelle sue intenzioni, Expo in Città doveva essere la soluzione a 1000 problemi: un'organizzazione super partes, che quindi poteva dirimere eventuali contrasti, una comunicazione efficientissima e una visibilità privilegiata per iniziative in tema con l'esposizione a prezzi nulli o ragionevoli. Ma non fu nulla di tutto ciò, e non tardammo ad accorgercene. 

- Innanzitutto l'iscrizione al sito è stata lenta e farraginosa, in più tempi, come se qualcosa non funzionasse mai, come se nel 2015 si potesse ancora presentare una piattaforma online difettosa e disagevole, fatta dal cugino o dall'amico e non da un professionista. Ma questo, per quanto sconcertante, fu il meno.
- Ovviamente nessuna delle tante location che avevano aderito al progetto erano interessate a lavorare con gente come noi. Si dicevano aperte alla cultura, ma in realtà tutte cercavano Armani, cioè il clientone da spennare: i loro costi erano più che triplicati rispetto al 2014.
- Inoltre non erano tenute al benché minimo patto, alla minima condotta etica da Expo in Città. A noi addirittura due di esse hanno annullato il contratto, una addirittura dopo aver incassato la caparra e ovviamente senza la minima intenzione di renderla. Ma la cosa più preoccupante è stata l'organizzazione di Expo in Città che, interpellata in merito, si rifiutava di dirimere le questioni ritenendosi solo un intermediario. Insomma hanno dato le associazioni, noi, i piccoli, in pasto ad un branco di squali senza scrupoli!
- Il tutto senza nemmeno porre il minimo filtro alle iniziative partecipanti. Hanno trovato uguale posto (e pari dignità) vegani e carnivori, naturalisti e industrialisti, fascisti e comunisti, insomma tutto e il contrario di tutto per un minestrone indistinguibile di migliaia di eventi confusi e contraddittori. Ovviamente la stramaggior parte dei quali disertata dal pubblico.
- Non meglio ha fatto quel coacervo di ipocrisia chiamato Cascina Triulza, "la casa della società civile in Expo": per un tavolo, dicasi UN TAVOLO che parlasse di noi per 4 giorni, ripetiamo QUATTRO GIORNI, hanno avuto il coraggio di chiederci più di 7000 euro! Dov'era la società civile, impresentabile Cascina Triulza? Quella degli amici dei tuoi amici?
- Comunque un'altra ennesima delusione è stata nella comunicazione di Expo in Città. Sul loro sito il nostro evento non appariva con nessuna delle parole chiave che lo identificavano, [...], il che semplicemente significa risultare invisibile. Interpellata in merito l'organizzazione continuava a negare la circostanza, fino a rasentare la sfacciataggine. La cosa è stata messa a posto solo 2-3 giorni prima dell'inaugurazione!
- Un'altra cosa schifosa è stato il loro free magazine che, in teoria, avrebbe dovuto costituire una guida agli eventi. Innanzitutto nell'assurdo marasma di iniziative era impossibile descriverne ognuna in modo sufficiente (non diciamo dovizioso) ma la nostra, nel dettaglio, è stata descritta così male ma così male che sembrava organizzata dalla location ospitante. Davvero oltre al danno la beffa. 
- In ogni caso, per il colmo dell'inettitudine, il numero della rivista che ci riguardava [...] non è stato distribuito PROPRIO nella zona della location. Abbiamo controllato: è stata l'unica zona in cui quel numero non è stato distribuito, non sappiamo se sia successo con altri. 

Il risultato quale pensate sia stato? Costi moltiplicati all'inverosimile, visibilità annullata, evento disatteso (come la maggior parte), insomma un certo qual disastro. Peggio, una vera rapina! Ci chiediamo e così chiediamo a voi: perché? Cui prodest una cosa simile? Questo ha significato Expo, un trasferimento di fondi da realtà piccole a squali senza vergogna?

È per questo che oggi la politica, i telegiornali, la pubblica amministrazione, gli idioti e i leccaculo dicono tutti che è stato un successo? Devono far digerire quest'ennesima fregatura agli italiani?"

Restiamo sconcertati e non sappiamo bene cosa rispondere. Se non riflettendo su un aspetto fra i tanti, più esattamente una serie di episodi uniti dallo stesso filo: la barzelletta degli accessi. Nel novembre del 2014 i retorici ed osnoblotici responsabili di Expo strombazzavano ai 4 venti di aver venduto 20 milioni di biglietti. Noi non avevamo registrato la panzana, ma ce ne siamo resi conto quando, fra gennaio e febbraio 2015, fu pubblicamente ripetuta. Fu allora che i più attenti e critici fra i giornalisti (ovvero quelli che facevano il loro mestiere) ricordarono che era la stessa cifra dichiarata due mesi prima, per cui una delle due doveva essere falsa, oppure la vendita di biglietti si era inspiegabilmente interrotta. Ovviamente a questo rilievo seguì il più imbarazzato silenzio.

Il balletto "20 milioni sì / 20 milioni no" andò avanti almeno fino a maggio/giugno quando, fatti i primi conti degli esorbitanti e incontrollati costi di Expo, si era arrivati a comprendere che il pareggio dei conti, il famigerato break-even, si sarebbe raggiunto solo con la vendita di 46 milioni di biglietti. Un'enormità, quasi tutti gli abitanti d'Italia, ma in fondo Shangai 4 anni prima non ne aveva fatti ben 70? La cosa era ancora più triste per il fatto che ad Expo, com'era abbondantemente prevedibile (e da tutti quelli dotati di cervello abbondantemente previsto), l'affluenza fino a quel momento era stata piuttosto scarsina anzichenò. Poi qualche genio scoprì l'uovo di Colombo: forse con un biglietto che non sia una rapina l'afflusso sarebbe aumentato, e venne così proposto il biglietto serale a € 5. Quand'è stato? Forse agosto? Fatto sta che a settembre finalmente fecero la loro comparsa visitatori in massa e almeno gli ultimi due mesi, con ottobre, videro un'affluenza che da degna di nota diventò parossistica, eccessiva. Abbiamo dedicato un divertente post su facebook sull'argomento (ringraziamo l'amico Crozza). E alla fine di ottobre l'annuncio TRIONFALE: "abbiamo superato i 21 milioni di biglietti"!

Aspetta... trionfale... per chi? O per cosa? Certo, avevano raggiunto una cifra che l'anno prima hanno sparato come balla e che li aveva imbarazzati fino a quel momento. Ok, ma peccato che per raggiungere il pareggio fosse necessaria una vendita più che doppia, i menzionati 46 milioni, e A PREZZO PIENO! Mentre quella dichiarata, i famigerati 21 milioni di cui una buona parte a prezzo decimato (da € 46 a 5), denunciava solo l'imbarazzante perdita che Expo ha rappresentato per le casse di Stato ed enti locali. 

Una città rapinata, cittadini stressati, operatori delusi, piccole imprese escluse, medie dissanguate e grandi a sgomitare, ma per che cosa? Si diceva che se tutti quei soldi fossero stati distribuiti a pioggia sulla città ne avremmo certamente guadagnato tutti. Ma dai telegiornali si sentono solo toni trionfalistici. Qualcuno ancora non ha ben chiaro cosa sia l'osnoblosi? O per quest'occasione la derubrichiamo a semplice stronzaggine?