23 aprile 2018

Forma e Sostanza (cit.): ovvero i GarageVentiNove al Fuorisalone


«I GarageVentiNove al Fuorisalone?» si chiederà qualcuno, «e che, i Technesya si sono ammattiti? Da quando recensiscono concerti rock - arte monosensoriale - piuttosto che eventi mondani?». Beh, a parte il fatto che il Fuorisalone non è esattamente un "evento mondano", bensì uno degli appuntamenti espositivi più importanti d'Italia, ma nemmeno quello dei GarageVentiNove è stato (solo) un concerto rock, indie d'autore per l'esattezza, ed entrambi gli eventi sono stati ricchi di sinestesia, come sinestetica o perlomeno sincronica è stata la loro compresenza venerdì sera a Milano.

Nulla da dire sul Fuorisalone, o Settimana del Design che dir si voglia, insieme al Salone del Mobile costituisce l'Evento nazionale con la "E" maiuscola, in grado di attirare folle da ogni dove e riempire tutti gli alberghi da Como a Lodi e da Novara a Bergamo. Il design come abbellitore del quotidiano sì, ma anche come contributo pratico alla fruibilità dell'oggetto, insomma alla sua ergonomia e usability, il tutto con grande impiego di ogni ben di techné. Tutti lavorano: gli alberghi sono pieni ma anche i ristoranti e i pub, i negozi (sì, anche quelli normalmente vuotini e moribondi) e i taxi (probabilmente anche gli Uber ma nn vorremmo girare il coltello...). Le piazze finalmente fioriscono di vita e musica, e una strana frenesia, un'insolita atmosfera di festa s'impossessa della città. 

La grande protagonista, si diceva, è la tecnologia. Abbiamo visto ogni sorta di programmazione - "internet delle cose" sembra essere la buffa e certo non nuova parola d'ordine - di illusione e fantasmagoria. In un modo che vive di immagini lavorare sulla percezione, in una sorta di realtà aumentata ma nel reale, cioè senza l'ausilio di visori speciali, struttura il reale stesso. Ci ha stupiti in tal senso soprattutto lo spazio della Sony, dove abbiamo visto ombre cambiare realtà e realtà cambiare ombre (sì, sembra più normale, ma vi garantiamo che così non è), tutte cose che... possono davvero tornare buone per una Sinestesopera. Non è che conoscete qualcuno che ce può mette 'na bona parola? ;)

Ma a fine giornata, diciamo così, resta un po' l'amaro in bocca. Tutta questa fatica, questa folla, questo delirio per l'ennesimo totem, sì perché è così che si celebra un totem, lascia sfibrati. E prende il sopravvento un senso di frivolo, perché in fondo il design di oggi l'anno prossimo - o fra due anni - non lo vorrà più nessuno. Si celebra quindi l'effimero, l'impermanente, quasi come la moda, anche se non in altrettanto abisso (almeno qui qualcosa di utile c'è). Rito collettivo divertente per un nutritissimo pubblico, in fondo lì a vedere una teoria infinita di varianti, incurante dei moniti sul rischio di perdersi fra le 10000 forme cui fa cenno il Tao ;) Il tutto per tacere dell'universo di vanità delle vanità e dinamiche psicologiche egoiche connesse, potete quindi comprendere a sera la spossatezza e la volontà di staccare e cambiare energia. Nel dettaglio abbiamo trovato il concerto dei GarageVentiNove sulla pagina fb Concerti Live Milano e Dintorni, che ringraziamo per l'encomiabile lavoro svolto ogni giorno.

Ed eccoci in un posto incredibile, sin dal nome: Aldo Dice 26x1, frase in codice che nel 1945 ha annunciato la liberazione dal nazifascismo (non lo sapevate, eh? ;). Centro sociale, oh no, residence sociale! insomma immobile occupato che svolge però una vera attività socialmente rilevante, come dare un tetto a chi non ce l'ha, spesso in accordo con quello che una volta si chiamava consiglio di zona. Il posto è bellissimo: un palazzo di sette piani praticamente nuovo e in ottimo stato, il piano terra allestito a sala ricreativa, con qualche caratteristica "decorativa" - intendiamo graffiti - tipica del centro sociale occupato, ma distribuito con parsimonia e in un sostanziale rispetto di una certa sobrietà. E mentre nei piani di sopra alloggiano 200 famiglie circa, sotto si svolgono spettacoli live in un'atmosfera variopinta e cordiale, fatta non solo dei personaggi "alternativi" tipici di simili luoghi, ma anche famiglie, donne con bambini, curiosi borghesi senza timori, in un continuum che oltre che abitativo e di supporto burocratico diviene anche culturale (e solo questo fatto grida sinestesia). Oggi si ritrova inspiegabilmente sotto sgombero a causa della miopia della proprietà (ci sembra... ministero delle attività produttive?) combinata con l'ipocrisia del Comune, che vuole il servizio ma nn paga il fio. Questa era la prima di una serie di serate live di sostegno.

I GarageVentiNove sono un quintetto di indie-rock italiano, altrove definiti "sorta di mito dell'underground milanese e varesino". Insomma ultraquarantenni veterani della scena alternativa, come tali appena stati protagonisti insieme a un'altra band mitica, i Dispoitivo Speciale d'Ascolto, di una serata-evento fondamentale di quest'inverno, denominata D'Introspezione ed Ombra e tenuta a dicembre presso il Legend Club. I 5 propongono una sorta di intensa canzone d'autore per due voci sessualmente alternate, chitarra distorta e sezione ritmica creativa. La cantante Patty è tra l'intellettuale di sinistra e la dark-lady, una voce bella, pulita e potente, mentre la voce maschile, Brian K, un emulo di Nick Cave con picchi alla Robert Smith, è un baritono vibrante e cavernoso. Ermanno suona la chitarra in modo molto originale, ricordando talvolta le distonie dei Sonic Youth o altre le rugosità colte dei CSI, mentre la sezione ritmica di Claudio (basso) e Ciccio (batteria), innova con fantasia (cosa sempre più rara da sentire in giro oggi) le modalità dello struggimento e dell'ipnosi. Saggi e alternati interventi di tastiera completano un sound complesso e molto d'atmosfera, che dà origine a brani incredibilmente coinvolgenti, a tratti nervosi oppure fatalisti, parenti (lontani) del post-punk ma sempre pronti a un'evoluzione, a una sorpresa. Le tematiche sono varie e scottanti: l'insegnamento di Hannah Arendt, i multistrati identitari, i cicli dei millenni, il lavacro nelle acque dell'anima. Poche cover ben inserite (abbiamo riconosciuto Cranberries, Cure e Massive Attack) hanno contribuito ad alleggerire e rendere più gradevole il tutto. 

Insomma un gruppo di rock d'autore che suona contro uno sgombero insensato, proponendo un progetto artistico originale e convincente in una cornice di impegno ed aiuto al prossimo. Non ancora Sinestesi ma serata quasi perfetta nel suo sapore di altri tempi, tempi in cui l'arte aveva altre responsabilità, in cui l'azione sociale aveva un altro senso, in cui il senso stesso di performance artistica andava ben oltre quello di show e anzi comportava il coinvolgimento della collettività in una sorta di moderno Tikkun Olam, miglioramento comune del mondo grazie a un'azione congiunta. Il contrasto con la vacuità del contemporaneo e contestuale Fuorisalone era palpabile: una sostanza pura forse incurante di certe forme (una grezza musica derivante dal post-punk in ambiente spartano-alternativo) contro la - per carità, nella pratica benvenuta - celebrazione della pura forma in fiera frivola dell'effimero. Come dire? Forma vs sostanza, mera visione vs vera azione. Altri, meno prosaicamente, direbbero la fede vs le opere ;)

O forse il Fuorisalone è bello anche e proprio per questo, cioè per la quantità e la varietà di proposta culturale che porta con sé, quindi la probabilità di incappare in qualcosa di tanto valido. Certo bisogna saper scegliere: c'è gente che la sera stessa è stata alla Fondazione Prada ipocritamente certa di aver coniugato cultura e costume (l'illusione del conformista), ed altri al terribile concerto di Nek, Max Pezzali e Renga, autolesionisti oltre ogni osnoblosi! 
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