23 ottobre 2012

Rassegna Stampa Mutantropologica III

Arte Aracnidea
Esempio di sfrucugliamento di fobie. Atiquifobia o apatepofobia? Si commenta da sé.

Inquietans Mutatio

Inquietante sfrucugliamento del dolore. Fra i vari mutanti questa bimba colpisce particolarmente, perché? Quale archetipo evoca?

Italiani Bamboccioni
Esempio di mutantropia inversa. Pure questo ci capita negli anni '10 del XXI° secolo, o popolo che meritava ben altri destini! E noi sappiamo bene quanti ne vorrebbero sfuggire, ma nel frattempo sono costretti a... "fuori le mani"!

Perniciosa Vanitas
Autolesionismo mutantropico. Al contrario di quello degenerativo, rinforza colui che lo vive nei suoi valori sociali. Ma quale necessità di tutto questo strazio? condivisibile? Fino a un certo punto...

Homo Foeminae Simia
Questa donna è passata da scimmie che la trattavano in modo umano a uomini che l'han rinchiusa come una bestia in un bordello. Esperienza sinestetica estrema. Ma ogni vita dovrebbe essere un'esperienza sinestetica estrema, perché purtroppo parte della sinestesia del vivere è il passaggio nei regni dolenti.

Desiderata Mutantropia
Modello mutantropico rifiutato. Una donna rotondetta è un mutante? Per certa estetica dominante sì: la cicciottella deve farsi magra secondo modelli ben capillarmente indotti. Ma questa ragazza non ci sta. La mutantropia è tale solo se si condivide il sistema di valori, perché laddove questi vengono assunti senza condivisione si fa un atto osnoblotico, radice del conformismo. Lei decide il cambiamento secondo il proprio sistema di valori e compie quindi un gesto mutantropico evolutivo. O così sarebbe se esso fosse scevro da egonanismo, e le foto sono piuttosto eloquenti in merito. Ma quanta simpatica autoironia!

3 commenti:

  1. L'archetipo della bambina incinta ricorda le nostre paure e le nostre vergogne, soprattutto quelle del sesso maschile. Anche l'articolo sulla donna-scimmia non depone a favore di noi maschietti. State diventando un collettivo femminista o lo eravate già? ;-D

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    1. Caro Volontario, grazie per l'acuta domanda. Nessun femminismo, per carità (in verità non amiamo proprio nessun "ismo"), per quanto ammettiamo volentieri che il nostro post sia leggermente provocatorio, specie in questo tempo che pare aver coniato una parola nuova per un concetto vecchio: femminicidio.

      Il concetto è vecchio perché vecchio è il fenomeno, ma esso è anche ben più profondo di questa parola che ne coglie un aspetto invero solo parziale, poiché in realtà si tratta dell'eterna violenza del forte sul debole.

      Certo i maschietti ne sono maggiormente coinvolti, un po' per loro limiti biologico/mentali, un po' per la responsabilità karmica della maggior forza fisica... Ma le femminucce non ne sono esenti, purtroppo, configurando il fenomeno come una delle (tante) aberrazioni umane, quindi non di genere.

      Che dire, infatti, della notizia odierna dei due bambini accoltellati a New York dalla loro baby-sitter?

      Frustrazione, senso di handicap, egonanismo, osnoblosi e vigliaccheria purtroppo non conoscono generi né confini.....

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    2. Sono d'accordo, la violenza del forte sul debole è purtroppo trasversale a generi, confini, fascie d'età,(mi vengono in mente anche episodi di prevaricazione di ragazzi nei confronti di altri ragazzi più giovani, portatori di disabilità, gay, con epiloghi mortali), la cronaca ci segnala tali atti quotidianamente... Ma quando il forte toglie la vita al debole, non uccide la sua stessa possibilità di sopravvivenza? Se i maschi uccidessero in massa le femmine come potrebbe continuare la razza umana? L'autoaffermazione dell'ego potrebbe presentare un'analogia con il cancro che, vivendo del corpo che "abita", finisce per annientare la sua stessa fonte di sopravvivenza?

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