23 gennaio 2012

Apatepofobia e Atiquifobia

Se esistesse si definirebbe apateporico quello studio statistico dei fallimenti umani che comprende l'analisi psicologica degli stessi, ovvero l'effetto che hanno sul sistema di valori dell'individuo.

Questi effetti, lo sappiamo, non sempre portano ai risvolti positivi riassumibili nel concetto di Mutantropia. Più spesso degenerano in quella forma di impaurita rigidità che è fondamento dell'Osnoblosi. Anzi, non ci si sbaglia nell'affermare che uno dei fondamenti e presupposti cardine dell'Osnoblosi sia quell'atteggiamento timoroso che qui si definisce Apatepofobia. Da distinguere dall'Apatefobia che è la paura dell'inganno e della frode, materia che dovrebbe essere studio della Psicologia.

La differenza principale fra Apatepofobia e Atiquifobia è la stessa che si cercava di definire distinguendo le tipologie di fallimento: quello del "sistema di valori" e quello della "propria adeguatezza a realizzarli", ovvero la differenza fra morale ed etica.
L'atiquifobo ha paura di fallire, di fare le cose sbagliate, di rivelarsi un incapace, ma il suo sistema di valori non è mai in discussione e i suoi fini sono "giusti".

Forse è la ripetizione dei fallimenti, che infine diventano apateporie, a trasformare l'atiquifobo in apatepofobo: quell'uomo che a furia di subire shock nel sistema di valori che sottende i suoi gesti, cioè nella sua morale, comincia a non fidarsene più.

Una reazione positiva e costruttiva alle inevitabili e benvenute apateoporie, porta l'uomo al cambiamento, alla Mutantropia. Una reazione emotiva, fobica come l'Apatepofobia, lo porta invece ad atteggiamenti negativi e "perdenti", dalle conseguenze molteplici lasciate all'immaginazione del lettore.

Emerge quindi l'esigenza di un'ulteriore distinzione, quella fra una Mutantropia dell'etica - muto forma e apparenza per avere prima e/o meglio le stesse cose, da una della morale - muto per avere cose diverse.

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