31 dicembre 2012

Spettegulèss di Fine Anno (Rassegna Stampa Mutantropologica IV)

Notiamo una preoccupante tendenza della nostra società di inizio secolo, ma che mai come ora sembra la fine di un'epoca, tendenza che chiameremo "sacrificio del Mutantropo". Costui o si uccide come il nostro amico Uomo Gatto, oppure viene eliminato dal sistema come il cartaceo Uomo Ragno. Uccisi o suicidi, in entrambi i casi spremuti da chi ha monetizzato alle loro spalle.

Ma guardiamo l'Uomo Ragno. Tanto di cappello a Stan Lee per aver creato, in tempi di assurdi positivismi assoluti "alla Superman", un personaggio così complesso e problematico come il nostro Spider Man. Il buon Peter Parker, nome già goffo di per sé, ha vissuto un mutamento naturalmente imposto dal morso di un ragno radioattivo, che ha saputo sfruttare in senso mutantrogenico traendone vantaggio in modo evolutivo. Cioè ponendosi al servizio del prossimo, quindi non egonanista, e in accordo col suo stato di coscienza, quindi non conformista. E dopo anni di onorato servizio che cosa fa la Marvel di fronte a un personaggio forse commercialmente un po' ribollito? Lo sacrifica, cioè lo uccide. Sì certo, per poi probabilmente resuscitarlo sotto altrui spoglie, ma perché sottoporre una brava persona a un simile trauma? La Marvel si dimostra anche l'unica entità nel cosmo a dare una ragione QUASI interpretabile come "dignità artistica" (da dei pirla) a quel guitto di Max Pezzali, a suo tempo da noi già sufficientemente sbeffeggiato. Roba da matti! Ma alla fine è questo l'interesse dell'editore multinazionale, specchio fedele del villaggio globale in cui tutti siamo simpaticamente tenuti a vivere.

Villaggio globale che già decretò il suo verdetto nei confronti del buon Uomo Gatto e del, secondo alcuni, meno buono ma forse non meno patetico Michael Jackson, o della sua imitatrice (in senso esistenziale) Amy Winehouse. Prima osannati per determinati - sebbene discutibili - meriti di talento, poi centrifugati dal sistema e infine sgranocchiati dagli occhi rapaci dell'opinione collettiva. Che dire infatti del destino che sembra toccare all'ennesimo bamboccio-prodigio Justin Bieber? Baciato dal successo a 14 anni, e da allora idolo incondizionato delle teen-ager di questa generazione per canzonette pop dalla singolare insignificanza, oggi sottoposto a gogna mediatica per il mostro che l'han fatto diventare. L'opinione pubblica è concorde: deve accontentare i fan, fare il bravo e accettare qualunque compromesso gli venga richiesto, mica vorrà finire come quelle sciroccate di Britney Spears o Lindsay Lohan vero?

Eh già, il tanto paventato spauracchio Britney, quella dai capelli rasati e la faccia devastata dalle droghe e dall'alcool, la prima baby-girl che, sfruttata dai genitori in primis e dal sistema in parallelo, ha dato in pasto il corpo alle cupidigie pedofile di un millennio malato. Proprio lei ci suggerisce di parlare anche di una sua epigona, una delle più sconcertanti mutantrope di questo secolo, tale Venus Palermo in arte Angelic. Figlia di una famiglia mista che passa attraverso l'Ungheria e la Spagna, oggi è una 15enne inglese che dopo opportune sessioni di truccoparrucco è in grado di diventare una vera e propria bambola di carne. A suon di minigonne inguinali e occhioni sgranati si dona in pasto alla discutibile libido di personaggi che alla pedofilia aggiungono la ricerca di un rapporto con un essere artificiale, per essere assolutamente CERTI di evitare la messa in discussione. Grazie mille millennio! La madre 37enne, nel suo inglese stentato, controlla compiaciuta la lucrativa situazione e insieme alla giovane figlia sostiene teorie di felicità, evanescenza ed improbabile innocenza, come se Eva Ionesco non avesse già dato.

Ora... cosa consigliare alla povera Venus per non finire, se non suicida come l'Uomo Gatto, nemmeno nevrotica come il suo quasi coetaneo Bieber? Potrebbe avere 3 scelte:
1) Continuare a fidarsi della madre, lucrare fino in fondo sulla sua fama da Mutaspetto Esteriore e sperare ardentemente di non andar fuori di cotenna anche lei, rivelandosi Mutantropo conformista o mediocre.
2) Diventare indipendente e amministrarsi da sola, riuscendo a costruire un ego titanico che la sorregga come Madonna o Lady Gaga. Troverebbe un esempio più che valido anche nella Donna Vampiro.
3) Prendere coscienza, mandare tutti al diavolo e trovare un lavoro normale. Oppure continuare a fare questo, che in fondo le riesce benissimo, ma in modo diverso: più costruttivo ed olistico, quindi meno egocentrico/patico.

Cari amici, il nostro spettegulèss di fine d'anno non è fine a se stesso, becero gossip in cui tutti son bravi, e queste dinamiche purtroppo esistono da sempre o almeno da quando esistono quegli straordinari portatori d'osnoblosi che sono i democratismi moderni. Pensate all'hollywoodiano James Dean, ad esempio, o a Marilyn Monroe, o alle 3 grandi "J" del rock anni '60 (Jim Morrison, Jimi Hendrix, Janis Joplin), tutti appassionatamente insieme per incarnare il destino di un mito e la leggenda di un'epoca. Noi pensiamo invece che sia importante focalizzare la responsabilità mutantropica che tutti abbiamo verso il nostro essere, diventando consapevoli delle dinamiche ingannevoli a cui siamo costantemente richiamati, sottoposti e confrontati. 

Siamo o vorremmo essere Mutantropi? Bene, non facciamoci sacrificare! iniziamo scegliendo almeno di non essere dei Mutantropi storditi! ;D

E già che ci siamo... BUON ANNO a tutti!!

27 dicembre 2012

Apateporia della Settimana: non c'è stata la fine del mondo!


A quanto sembra i Maya avevano torto e, se ciò ha lasciato indifferenti i più, ha comunque deluso i molti che si aspettavano un rinnovamento eclatante, un mutamento istantaneo, una scritta lampeggiante sulla fronte degli eroici sopravvissuti scremati dagli indegni che non meritano questa terra e di cui nessuno che conosciamo, inclusi i sottoscritti, ha mai dubitato di farne parte.

Per non parlare di chi ha speso montagne di soldi fra bunker e cibo conservato per affrontare degnamente la cosa.

Ma noi ci chiediamo: se c'è questa grande voglia di cambiamento, se davvero tutti aspirano ad essere svegli, a far parte del nuovo, a contare qualcosa su questa terra, allora perché la gente non cambia da sola? Perché attendere un evento esterno affinché ciò avvenga?

E poi... davvero non è successo niente, oppure ciò che doveva avvenire è avvenuto ma non essendo così eclatante non ce ne siamo accorti?

Chi vivrà riderà! ;) 



18 dicembre 2012

La Sfida della Sinestesi

Non sarebbe male poter arrivare a definire anche lo Spirito, in modo da avere più chiaro di cosa è intermediaria l'anima ed aiutarci quindi nella sua definizione. Ma ciò è veramente fuori dalle intenzioni sia di questo post che di questo blog, invitiamo nondimeno i lettori a porsi il problema in luoghi a ciò finalizzati. Però se qualcosa è intermediario di qualcos'altro, si può affermare che questo qualcos'altro le è appunto altro, cioè esterno. Sembrano aver ragione i creazionisti e gli animisti quando affermano che, almeno per quanto riguarda le possibilità dell'anima, Dio è ovunque. Il mondo stesso essendo sua creazione è pregno del Suo Spirito. Insomma, laddove lo volesse, l'anima potrebbe fare tesoro delle esperienze terrene a un livello ben superiore a quello della coscienza ordinaria. Ricordiamo infine il concetto già espresso di schema neuronale che, sebbene sia legato alla fisiologia del cervello dell'uomo, o almeno del suo sistema nervoso, non può che influenzare il nostro mondo interiore, la nostra coscienza e di conseguenza la parte "al di qua" della nostra anima.

Vorremmo arrivare a dire che, se l'anima può sostituire l'esposizione al “sole dello Spirito” con determinate esperienze per essa illuminanti, è proprio a questo punto che si inserisce la Sinestesi. Ed è qui che l'arte torna alla sua antica e nobile definizione. Perché per avere esperienze reali, veramente formanti, l'anima può solo legare alla coscienza più profonda la successione, e quindi la gestione, delle apateporie. Deve cioè inserire il "dolore del vivere" in un contesto ultraterreno che lo giustifichi, anzi di più, che lo inquadri. Eviterà così la dinamica mutantroposnoblotica, innescando invece processi mutantrogenici evolutivi che portino il soggetto interessato sulla via del Metantropo. Già, ma la realtà di oggi è urbana, grigia, disturbata da comunicazione vacua, rumorosa e incessante, da continui fruscii di bias psichico. Il simbolo si perde, la disgregazione regna sovrana, l'olografia viene negata o parcellizzata e vanificata.

La Sinestesopera, almeno nelle sue intenzioni, pone l'uomo in un ambiente altro, tranquillo e interiore. Un'alterità rassicurante che lo predispone all'apertura, e suggestioni artistiche che sciolgono i paradigmi, permettendo all'anima di percepire oltre la ragione. Ed ecco che allora interviene l'archetipo, riconosciuto almeno a livello inconscio, quindi efficace, ad attivare lo schema neuronale ancestrale che, a mo' di universale culturale, è iscritto in ogni psiche. Non è detto che l'effetto sia necessariamente positivo, ovvero porti quello che si chiama "benessere", lusinga dell'ego oggi abusata all'inverosimile. Potrebbero verificarsi shock, delusioni, apateporie, perché la coscienza può arrivare a confrontarsi con propri aspetti irrisolti. 


Però evocare un archetipo induce nell'anima un orientamento verso gli stati superiori dell'essere, che possono comprendere anche quelli spirituali. Nessun manufatto solo culturalmente connotato, come un dipinto figurativo o un oggetto di design, può garantire nulla di simile (per quanto nell'arte nulla si possa escludere), anzi in prima istanza può solo focalizzare su un risultato meramente terreno. Ed etimologicamente ciò che unisce è simbolo, così come ciò che divide è diavolo [speriamo sia inutile sottolineare che parliamo di etimo, non di alcunché di teologicamente sanzionatorio]. Parliamo di unione col superiore, ovviamente, trovando assolutamente superflua e non necessaria quella con l'inferiore, oggi propugnata con una pervicacia e un'esclusività quasi totali.

L'anima, comunque vogliamo definirla, ha quindi modo di fare esperienze reali nei linguaggi che essa comprende per sua natura, fuori dal frastuono materiale del quotidiano. Certo, non equivalgono a un'esposizione al “sole dello Spirito”, ma ad esso preludono e soprattutto predispongono. Davvero, a condizione che l'archetipo sia rispettato e che l'ego dell'artista non intervenga ai suoi fini, la Sinestesi può risvegliare un’anima dormiente e riportarla a quell'orientamento che le permetta di svolgere la delicata intermediazione di cui essa sola può farsi carico.

Questa è la sfida che la Sinestesi lancia all'epoca d'oggi, perché, anche dal misero punto di vista di questo secolo, che cosa dovrebbe fare la vera Arte? Certo, innovare le categorie estetiche della propria epoca, ma non per apportare sollazzo, sorpresa o sensazioni forti, bensì per aprire gli occhi delle società a verità considerate altre, come se non facessero parte del ciclo normale dell'uomo, della vita e dell'universo. Tecnologica, archetipica, anegoica, la Sinestesi è la poetica che in questo millennio ha il compito di riportare l'arte alla sua Formula Originale.

11 dicembre 2012

Apateporia della Settimana: non tutti i Cavalieri del Lavoro ne sanno di economia

Notizia di oggi è la sconcertante dichiarazione di Berlusconi, secondo il quale lo spread è solo un "imbroglio", "un'invenzione con cui si è cercato di abbattere una maggioranza votata dagli italiani". Cioè la sua. E come motiva tali affermazioni? Con il fatto che "non se n'è mai sentito parlare".
Ora, vorremmo ripetere per quei pochissimi che ancora credono in un tale fenomeno, che il presente blog non è politico e che gli scriventi o sono apolitici, o si sono impegnati a non far nessun riferimento alla politica nelle loro parole. 

Però è un blog che parla di società, questo sì, e da vent'anni la società italiana è stata influenzata da cotanto egonanista sostenuto dai voti di tre categorie: interessati, stupidi e ignoranti. 
Tre tipi di persone, esattamente e puta caso come i tre vantaggi dell'egonanismo. 
Noi che scriviamo siamo convinti che Berlusconi non sia in nessun caso un "fenomeno" della politica, ma eminentemente un caso della sfera sociale, e tutta la sua attività nel parlamento italiano è lì a dimostrarlo: mentre il paese andava a rotoli, il Cavaliere del Lavoro è stato in grado di far approvare decine di leggi ad personam che depenalizzavano i reati per cui era ed è imputato. Solo gli stupidi e gli ignoranti potevano credere che fosse schierato politicamente in qualsivoglia maniera.
Ora, delle tre categorie sappiamo che gli interessati corrispondono agli osnoblotici, cioè quelli che più o meno direttamente pagati da lui o comunque facenti parte del suo indotto economico-politico, possono aver avuto qualche vantaggio dal successo di un tipo simile. Ma che differenza c'è fra ignoranti e stupidi? I primi non conoscono il passato del piccolo egonanista, i secondi non ne capiscono il presente. Certo oggi, dopo vent'anni di malefatte, i primi non hanno più scuse, però entrambi sostengono una stessa verità illusoria, osnobloticamente sostenuta dagli interessati: Berlusconi è un grande imprenditore.
A questi signori è sfuggito che l'azienda di questo capitano d'industria, quand'è entrato in politica, aveva 6.000 miliardi di lire di debiti. 

Con l'affermazione esternata oggi, in odore di elezioni, speriamo sia chiaro a tutti quanto profonde e raffinate siano le competenze economiche di quest'ometto, ops! perdonate! Cavaliere del Lavoro. 

Dopo vent'anni come lo preferite, audace imprenditore o fine statista? 
Buon Natale, Italia!

8 dicembre 2012

Anima e Arte

Più volte abbiamo affermato che l'arte è ancella dell'anima. Altrimenti più prosaicamente e modernamente dovremmo dire che siamo abbastanza d'accordo con la definizione che ne dà Wikipedia, per quanto più "operativa" che estetologica. Da quel punto di vista potremmo citare la formatività del Pareyson o il Nanni, per cui arte è tutto ciò che viene usato dal nostro secolo come arte, sorvolando bellamente sulla sconcertante tautologia. Preferiamo una nostra modesta convinzione, ovvero che è arte qualunque prodotto culturale proposto con intenzione polisemica da un artista (arte-fattore o teorico dell'arte poco importa), al fine di sfidare le categorie estetiche della sua epoca. Definizione che ci pare appropriata, ma ancora povera. Il problema è che questo secolo è così decadente da arrivare a considerare arte persino la pubblicità o l'ultimo videogioco.

Perché è avvenuto ciò? Probabilmente perché ci siamo dimenticati della sua definizione platonica, poi dantesca e medievale, che forse è stata l'ultima veramente coerente con le esigenze imprescindibili della specie umana, ovvero arte come ancella dell'anima. Ma qui ci addentriamo nel ginepraio di una categorizzazione veramente capziosa, e non tanto per il termine ancella, da dizionario "schiava al servizio di una matrona, donna al servizio o al seguito di qualcuno". Insomma l'arte non come fine, ma come mezzo, come aiuto, servizio all'anima, in grado di risvegliarne potenzialità latenti, in grado di favorirne evoluzioni e sviluppi. Il problema, piuttosto (e purtroppo), nasce dal tentativo di definire l'anima.


Il dizionario della lingua italiana proprio non ci aiuta, arrivando AL PIÙ alla dicotomia cartesiana anima-corpo, definizione che ripugna ogni intelligenza e da allora contestata da decine di filosofi e pensatori, ma a cui l'epoca moderna non è stata ancora in grado di porre rimedio. La definizione che ne dà Wikipedia aggiunge confusione a confusione: "tipicamente si pensa che consista della coscienza e della personalità di un essere umano, e può essere sinonimo di «spirito», «mente» o «io»". Che evidente errore: se l'anima coincidesse con uno di questi 5 concetti (li ripetiamo volentieri: coscienza, personalità, spirito, mente, io), perché mai dovrebbe avere un altro nome? Possibile che, fuori da un'assurda identificazione con lo «spirito» (umano, immaginiamo noi), l'anima debba essere "limitata" al Manas, al pensatore interiore di memoria indù? Come già dicemmo a proposito della definizione di Metantropo, è veramente curioso come qualunque determinazione di vero valore riguardante l'essere umano sia stata come dimenticata, accantonata, proprio abbandonata dall'epoca moderna, relegando il "portatore di immagine divina" (o almeno così la più antica religione del Mediterraneo definisce l'uomo) a mero consumatore acritico. Al più al nuovo mito del dopoguerra: l'imprenditore. Tertium non datur.


Ma nemmeno ci aiutano le varie scienze psicologiche, dall'etimo ψυχή (psyché) = anima, appunto, poiché focalizzano il problema su un immaginario equilibrio interiore dell'uomo fattosi paziente, nel tentativo di placarne l'inquietudine e normalizzarne i rapporti sociali. Lo psicanalista allora è un amico che consiglia, come un curato di campagna, mentre lo psichiatra è il poliziotto che corregge con la potente arma dello psicofarmaco. Lo ripetiamo: l'unica "psicologia" che ci sembra umanamente accettabile è quella junghiana, nella misura in cui contempla l'archetipo nella strutturazione ancestrale della nostra psiche. Purtroppo in occidente le ultime cose profonde sull'anima le hanno scritte gli alchimisti o, al più, la medicina spagirica. Da allora sono passati 3-400 anni di scientismo che, facendo confusione su certe questioni, ci ha in compenso regalato il sistema produttivo che tutti apprezziamo tanto. :)


Secondo alcune dottrine tradizionali di derivazione ermetica, l'anima si compone di 5 fluidi, secondo altre di tre aspetti (il celebre Trigonum Igneum), secondo altre ancora si divide in due poli (anima-sangue e anima spirituale), ma di certo c'è una cosa: l'anima è sostanzialmente un intermediario, l'unica modalità che il nostro mondo interiore, il summenzionato Manas, ha di relazionarsi con lo Spirito. Un indù ora ci chiederebbe "ma cosa intendete per spirito, Buddhi o Atman?", complicando ulteriormente un post che non ha ambizioni metafisiche. Ma è comunque chiaro che, nell'ambito normale di un essere umano, l'anima cresce, si evolve e giunge a maturazione laddove esposta al “sole dello Spirito”. 


Già, ma che fare quando ciò non avviene?

3 dicembre 2012

Apateporia della Settimana: l'ego e lo shopping online non fanno un buon Mutantropo


In questi giorni ci ha lasciati perplessi un esempio di Mutantropia degenerativa, altrove chiamata autolesionismo mutantropico: una giovane signora cinese, rimproverata dal marito per l'eccessiva dipendenza dalla per lui deplorevole pratica dello shopping online, ha avuto una reazione impulsiva giunta al parossismo del tagliarsi un pollice. Autolesionismo eseguito quindi con lo scopo mutantropico di piacere al marito ma non solo, visto che l'effetto è andato ben oltre. Il marito, ovviamente scosso e impressionato dal gesto, dopo opportuna cucitura dell'arto distaccato le ha concesso di continuare nella pratica, seppur con un uso leggero.

Come mai leggiamo la notizia da questo punto di vista e non da quello di degrado e violenza che sottende? Non siamo forse consapevoli della deplorevole condizione in cui vivono le donne in Cina? Ovviamente , ma questo blog non si occupa di problemi sociali a questo livello. I quali tuttavia non negano, anzi si integrano, con le dinamiche del vissuto psicologico dell'individuo.

Questa signora, rispetto alla media del suo popolo, vive una vita tanto agiata da potersi permettere una pratica così tipica per noi occidentali, che crea tanta dipendenza anche qui e non solo per chi se la può permettere. Il marito probabilmente "aveva ragione" a rimproverare una tale depauperazione, non foss'altro che per le sue tasche, ma indubbiamente senza averne voluto indagare la frustrazione, o senso di handicap, che ne era all'origine. Probabilmente è stato proprio questo che, mettendola alle strette, ha portato la signora all'
eclatante gesto catartico/autopunitivo, egoticamente finalizzato al trauma emotivo del marito. Amputandosi il dito è diventata palesemente vittima: del suo vizio, della crudeltà del marito, del buon senso comune. Insomma ha fatto un fioretto al fine di ottenere comunque un vantaggio. 

Purtroppo per lei la cosa ha funzionato al di là delle sue speranze. Intervento del marito; esposizione mediatica e quindi conformista; il "perdono" e il permesso di poter continuare nel suo vizio, sebbene nella buona intenzione della quantità limitata. Fino alla prossima esplosiva crisi d'astinenza che speriamo non le costi un altro dito. Insomma la signora ha fatto un gesto che potremmo definire mutantropico-gattopardesco, ha cioè mutato se stessa perché nulla mutasse. Ha perso quindi la possibilità di un vero cambiamento che le permettesse di prendere coscienza del suo stato, condizione necessaria - per quanto non sufficiente - per divenire un essere umano migliore.

Un doppio regalo dell'egonanismo e del conformismo, modelli che sembrano accompagnarsi bene alle forme che governano lo shopping compulsivo.


Perché tutti comperiamo online, anche i sottoscritti ovviamente, ma com'era più quella storia sul mutantropo borghese? ;)